I RICORDI

Sì, sono qui per ammetterlo, me ne assumo la piena e totale responsabilità. Sì, sono un'animatrice seriale: di notte, quando il livello di malinconia e di tristezza è alle stelle, mi ritrovo a sfogliare qualche vecchio album di fotografie digitali o a guardare qualche video che ho salvato nel computer o che il nostro fantastico Don Danilo ha masterizzato su un DVD. Ritorno indietro nel tempo, vengo catapultata in uno degli universi che ho sempre amato e dentro al quale ho imparato a conoscere me stessa, cammino con la mente nei luoghi in cui ora è proibito andare, perché il DPCM di Giuseppe Conte pone come clausola il "divieto di spostamento al di fuori del proprio Comune" - nel caso in cui la tua regione si collocasse all'interno della fascia arancione ad esempio. Ma lui non può impedirmi di viaggiare con i miei pensieri e con il mio cuore: è l'unica cosa che nessuno, e dico nessuno, può toglierci.

E in meno di mezzo secondo, se chiudo forte gli occhi, mi dimentico di tutto. E sono ad un passo dal lago di Braies, nell'immenso prato verde di Padola e alla sorgente di un torrente, a Santo Stefano di Cadore con la mia valigia in mano o ad Auronzo mentre scendo a tutta velocità a bordo di un bob a rotaie cercando di non frenare mai, a Siena sopra alle mura di un castello; davanti al fuoco di un falò con una volta di stelle da contemplare, nei sentieri attraverso i quali m'imbattevo con il mio gruppo di animatori preferiti e i ragazzi intenti a portare a termine l'escursione più impegnativa della settimana in una calda giornata di Agosto con uno zaino pesante sulle spalle, in mezzo ai sorrisi e alle risate o ai rimproveri o al rumore del fischietto che richiama l'attenzione o di una conversazione interessante o di un segreto o al centro di una pista da ballo creata per l'occasione, dentro al calore e all'affetto di un abbraccio o di una stretta di mano, dentro alle note di una canzone durante la celebrazione della Messa, in cucina assieme ai cuochi per chiedere un cerotto o una pastiglia per il mal di testa; o più semplicemente e più vicino dentro alle stanze del nostro patronato, immersa nella felicità dei ragazzi, nella spiegazione di un gioco o nelle riflessioni profonde dopo la proposta di un'attività. 

Se da una parte il ricordo solleva e fa stare momentaneamente bene, perché senti dentro di te che l'hai vissuto, che sei stata presente in prima linea, che ti ha cambiata e che nel tuo cuore sarà sempre pronto a riavvolgersi e a proiettarsi come fosse una pellicola cinematografica per il tempo di cui hai bisogno e necessiti; dall'altra parte lo stesso non fa che schiacciare e opprimere, perché oggi hai come la sensazione che quella libertà abbia subito una forte battuta d'arresto. 

Qualcosa dunque, si è rotto. Ci è stato sottratto ciò che ritenevamo essere importante o che avevamo dato per scontato prima, permettendoci magari di inventare scuse per ovviare e per non essere presenti e impegnati. E questo ci ha fatto arrabbiare, ci ha fatto sentire in trappola, ci ha tolto il sonno e la fame e la voglia e la continua ricerca di un senso e la positività di sapere che esiste sempre un orizzonte sereno sul quale sperare. Ma quali sono le cose che contavano veramente, allora? Che ci facevano stare bene? Quali sono i valori in cui credevamo, nei quali crediamo ancora? E cosa c'era che non andava, invece? Si può cambiare?